Mantova, 9-11 giugno 2023

Prendere a pugni il vento

giovedì, 25 Maggio, 2023

vènto s. m. [lat. vĕntus; le accezioni del sign. dallo spagn. viento]. — 1.a. In meteorologia, movimento di masse d’aria atmosferica che avviene orizzontalmente, da una zona di alta pressione a una di bassa pressione

“quando incontri quelli che fanno la Pamir highway arrivando dall’Europa, che pedalano col vento dietro le spalle, un po’ ti incazzi. Loro mica sanno cosa sia la fatica. Io ho provato a prenderlo a pugni, il vento.”. Alessandro Gallo, tornato a casa da Shangai in bici, mi spiega che tornare in Europa pedalando dall’Asia significa farlo controvento. Un vento che soffia nel deserto, che ti fa uscire di testa, che è peggio di una salita. Vento che soffia sempre, che ti lascia fare solo pochi kilometri al giorno e che ti asciuga la faccia.

Per chi ha viaggiato in barca a vela, il vento è una specie di scienza: ne conosci i nomi, i tempi, la direzione.

C’è il Meltemi, il vento delle isole greche, il Maestrale, che nelle Bocche di Bonifacio diventa un muro, lo Scirocco, che porta l’acqua alta a venezia, gli Alisei, che spingevano le prime navi in America, oppure l’Ora e il Peler, che precisi come un campanile, sul Garda, fanno giocare i surfisti.

Per i ciclisti i venti non hanno nome, non vengono studiati.

Farne un elenco è facile, perché sono solo di due tipi: quelli che vengono ignorati, quando dietro le spalle, e quelli che vengono bestemmiati, se soffiano in faccia.

I ciclisti del Polesine pedalano le vuote strade della foce usando il vento come se fosse una salita: vai a 20 kmh, torni a 50; meglio non viceversa.

Mai partire in discesa, nel polesine, significa “ricordati di partire controvento”.

Il vento dell’Islanda

Roberto Gazzoli è uno che la bicicletta la usa per attraversare il mondo. In uno dei suoi primi viaggi, in Islanda, si è sentito dire da un local che pedalare sulla costa avrebbe potuto essere “pretty windy”. “Ora non so se fu il mio inglese ancora stentato o la voglia di arrivare, ma di quel “pretty windy” capii solamente il “pretty” e partii in una splendida giornata di sole. Come ogni giorno, nel giro di pochi minuti il tempo cambiò, si alzo un vento terrible dall’oceano ed iniziò a piovere. Il vento era talmente impetuoso che non capivo se stesse piovendo oppure si trattasse dell’acqua dell’oceano che arrivava perpendicolare rispetto alla strada. Era come se qualcuno mi puntasse il getto di un idrante sul fianco. Proseguii così alcune ore, costantemente piegato verso sinistra per non perdere l’equilibrio, che puntualmente veniva a mancare quando mi sorpassava un auto o il vento improvvisamente calava. Dopo diverse cadute mi stavo avvicinando ad una piccola cittadina quando venni sorpassato da un bus. La mia mente vide chiara la fine dell’avventura; raggiunsi il bus appena in tempo, comprai un biglietto ed arrivai fradicio nella capitale islandese, comodamente seduto.”

Il vento tra i pensieri

Michele Boschetti, che molti nel mondo della bici e della montagna conoscono come Nure, è un riferimento per chi ama il bikepacking. “Mia moglie un giorno mi ha raccontato un aneddoto bellissimo. Mi ha detto che la sua professoressa del liceo, un giorno, le disse che lei andava in bicicletta perché il vento in faccia le metteva in ordine le idee. In quel momento ho capito che se penso alla bici mi viene in mente l’aria in faccia. Un’aria di quelle che fa compagnia, che ti entra direttamente nei polmoni e ti fa respirare, che ti fa pedalare, quell’aria che ci fa sentire vivi. E che ci sistema le idee”

Come uno seduto sulla bici, come uno che non parla

Dino Lanzaretti ha pedalato in tutto il mondo. L’anno scorso è stato il primo uomo a pedalare in Siberia d’inverno senza fare la (brutta) fine dei due precedenti viaggiatori. “in Patagonia, in California, nel Pamir, in Turkmenistan, in Mongolia. Sempre avuto il vento contro. Non so cosa ho fatto di male; sono destinato al vento contro. Quindi, quando qualcuno mi chiede consiglio gli dico sempre di andare dalla parte opposta alla mia.

Il vento è come avere uno seduto sulla bici, che ti tira indietro, che non parla. Il freddo, il caldo, la neve trasformano il paesaggio, rendendolo, verde, secco o bianco, ma il vento non cambia nulla; ti blocca, invisibile, vigliacco, senza mostrarsi”

Parlare al vento.

“é un mostro che non vedi in faccia; la pioggia, la neve, il sole, sono solidi, li vedi attorno a te, nel paesaggio. Il vento no, è un nemico senza volto, che ti spinge indietro” racconta Alessandro Gallo. “Anche se sei nei posti più incredibili, come i grandi altipiani asiatici, il vento è una bestia con cui lotti. quando arrivi a sera, di nuovo devi litigare per piantare la tenda, per accendere il fuoco. Vivi in base al mostro: il vento.

Però il tuo occhio, alla fine, torna al reale, alla bellezza. E in qualche modo ci fai pace.

Solo una volta, in Iran, durante l’inverno, non ce l’ho fatta.

Quel giorno, col brutto tempo e il vento, anche il mio sguardo non aveva un punto di fuga. Non aveva il sole e il paesaggio.

Ho urlato contro il vento. L’ho insultato. E poi, alla fine, mi sono reso conto che stavo parlando al vento. Come nei proverbi”

vènto s. m. [lat. vĕntus; le accezioni del sign. dallo spagn. viento]. — 1.a. In meteorologia, movimento di masse d’aria atmosferica che avviene orizzontalmente, da una zona di alta pressione a una di bassa pressione

“quando incontri quelli che fanno la Pamir highway arrivando dall’Europa, che pedalano col vento dietro le spalle, un po’ ti incazzi. Loro mica sanno cosa sia la fatica. Io ho provato a prenderlo a pugni, il vento.”. Alessandro Gallo, tornato a casa da Shangai in bici, mi spiega che tornare in Europa pedalando dall’Asia significa farlo controvento. Un vento che soffia nel deserto, che ti fa uscire di testa, che è peggio di una salita. Vento che soffia sempre, che ti lascia fare solo pochi kilometri al giorno e che ti asciuga la faccia.

Per chi ha viaggiato in barca a vela, il vento è una specie di scienza: ne conosci i nomi, i tempi, la direzione.

C’è il Meltemi, il vento delle isole greche, il Maestrale, che nelle Bocche di Bonifacio diventa un muro, lo Scirocco, che porta l’acqua alta a venezia, gli Alisei, che spingevano le prime navi in America, oppure l’Ora e il Peler, che precisi come un campanile, sul Garda, fanno giocare i surfisti.

Per i ciclisti i venti non hanno nome, non vengono studiati.

Farne un elenco è facile, perché sono solo di due tipi: quelli che vengono ignorati, quando dietro le spalle, e quelli che vengono bestemmiati, se soffiano in faccia.

I ciclisti del Polesine pedalano le vuote strade della foce usando il vento come se fosse una salita: vai a 20 kmh, torni a 50; meglio non viceversa.

Mai partire in discesa, nel polesine, significa “ricordati di partire controvento”.

Il vento dell’Islanda

Roberto Gazzoli è uno che la bicicletta la usa per attraversare il mondo. In uno dei suoi primi viaggi, in Islanda, si è sentito dire da un local che pedalare sulla costa avrebbe potuto essere “pretty windy”. “Ora non so se fu il mio inglese ancora stentato o la voglia di arrivare, ma di quel “pretty windy” capii solamente il “pretty” e partii in una splendida giornata di sole. Come ogni giorno, nel giro di pochi minuti il tempo cambiò, si alzo un vento terrible dall’oceano ed iniziò a piovere. Il vento era talmente impetuoso che non capivo se stesse piovendo oppure si trattasse dell’acqua dell’oceano che arrivava perpendicolare rispetto alla strada. Era come se qualcuno mi puntasse il getto di un idrante sul fianco. Proseguii così alcune ore, costantemente piegato verso sinistra per non perdere l’equilibrio, che puntualmente veniva a mancare quando mi sorpassava un auto o il vento improvvisamente calava. Dopo diverse cadute mi stavo avvicinando ad una piccola cittadina quando venni sorpassato da un bus. La mia mente vide chiara la fine dell’avventura; raggiunsi il bus appena in tempo, comprai un biglietto ed arrivai fradicio nella capitale islandese, comodamente seduto.”

Il vento tra i pensieri

Michele Boschetti, che molti nel mondo della bici e della montagna conoscono come Nure, è un riferimento per chi ama il bikepacking. “Mia moglie un giorno mi ha raccontato un aneddoto bellissimo. Mi ha detto che la sua professoressa del liceo, un giorno, le disse che lei andava in bicicletta perché il vento in faccia le metteva in ordine le idee. In quel momento ho capito che se penso alla bici mi viene in mente l’aria in faccia. Un’aria di quelle che fa compagnia, che ti entra direttamente nei polmoni e ti fa respirare, che ti fa pedalare, quell’aria che ci fa sentire vivi. E che ci sistema le idee”

Come uno seduto sulla bici, come uno che non parla

Dino Lanzaretti ha pedalato in tutto il mondo. L’anno scorso è stato il primo uomo a pedalare in Siberia d’inverno senza fare la (brutta) fine dei due precedenti viaggiatori. “in Patagonia, in California, nel Pamir, in Turkmenistan, in Mongolia. Sempre avuto il vento contro. Non so cosa ho fatto di male; sono destinato al vento contro. Quindi, quando qualcuno mi chiede consiglio gli dico sempre di andare dalla parte opposta alla mia.

Il vento è come avere uno seduto sulla bici, che ti tira indietro, che non parla. Il freddo, il caldo, la neve trasformano il paesaggio, rendendolo, verde, secco o bianco, ma il vento non cambia nulla; ti blocca, invisibile, vigliacco, senza mostrarsi”

Parlare al vento.

“é un mostro che non vedi in faccia; la pioggia, la neve, il sole, sono solidi, li vedi attorno a te, nel paesaggio. Il vento no, è un nemico senza volto, che ti spinge indietro” racconta Alessandro Gallo. “Anche se sei nei posti più incredibili, come i grandi altipiani asiatici, il vento è una bestia con cui lotti. quando arrivi a sera, di nuovo devi litigare per piantare la tenda, per accendere il fuoco. Vivi in base al mostro: il vento.

Però il tuo occhio, alla fine, torna al reale, alla bellezza. E in qualche modo ci fai pace.

Solo una volta, in Iran, durante l’inverno, non ce l’ho fatta.

Quel giorno, col brutto tempo e il vento, anche il mio sguardo non aveva un punto di fuga. Non aveva il sole e il paesaggio.

Ho urlato contro il vento. L’ho insultato. E poi, alla fine, mi sono reso conto che stavo parlando al vento. Come nei proverbi”